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martedì 22 maggio 2012


LE ASTRONAVI DEGLI DEI (Shem, Vimana ecc)


La parola SHEM ebraica discende dalla parola sumera “Shimmu”; Scimmu significava astronave a razzo (teorie di Zecharia Sithcin ed altri autori di archeologia misteriosa), mentre la discendente parola ebraica Shem significa Barca Celeste.
Sostanzialmente e in ogni caso, a prescindere dalla traduzione dalla lingua e dallo studioso che le traduce (con le proprie tendenze interpretative), bisogna sempre trovare una radice storica comune, ed un comune significato letterario. Anche se l’archeologia accademica ed ufficiale tende a sostenere la tesi che la barca celeste fosse la barca che nella vita accompagnava il faraone defunto, o il re defunto nel viaggio dell’aldilà, in realtà la cosa non è affatto in contraddizione con le teorie di Sitchin; infatti nel suo libro le Astronavi del Sinai, descrive dettagliatamente quel viaggio verso la vita eterna dei faraoni, i quali percorrevano con lo Shem (astronave di passaggio) il tratto che separava la Terra da Nibiru (pianeta dell’attraversamento) dimora degli Dei dove il cibo e le bevande davano l’immortalità persino ad un uomo mortale.

Molti sostengono che le teorie di Zecharia Sitchin, così come quelle di altri studiosi che sostengono la teoria degli antichi astronauti (per es., Peter Kolosimo ed E. Von Daniken), o di biblisti e studiosi di lingue antiche come l’italiano Mauro Biglino, non siano coerenti con la storia e l’archeologia ufficiali e pertanto non credibili (cosa con cui dissento totalmente), ciò non toglie che le loro teorie divengono sempre più concrete, e minano realmente sempre più le convenzionali affermazioni di parte degli archeologi e di molti storici, ed una metodologia di ricerca e studio scientifico sempre più pieno di falle e dubbi.


Le astronavi antiche sono coerenti con la logica e con le prove scritte, e se pur in casi rari anche archeologiche. Alcuni esempi li troviamo nelle culture della valle dell’Indo, ed in particolar modo della cultura degli Ariani con i Vimana (carri celesti o carri del vento) e le Stupe (templi) ancora usate dagli Indù e dai Buddisti, che sarebbero ancora costruiti in memoria dei Vimana o dimore celesti degli Dei in terra.

Anche in Sud America abbiamo esempi lampanti di viaggiatori in  astronave, per es., l’Astronauta di Palenque che è una pietra tombale scoperta nello Yucatan nel 1948, risalente all’epoca dei Maya, e rappresentante un astronauta in procinto di pilotare il suo razzo vettore (o navetta vettore con la medesima propulsione).Anche la cultura Yonaguni del Giappone e ricca di riferimenti paleoastronautici, e quindi di viaggiatori delle stelle e carri volanti. Non tralasciamo la cultura dei Dogon d’Africa, che parlano da sempre di Dei celesti discesi in astronave da Sirio, o dei carri volanti (o celesti) dell’antico Egitto, dei carri che rapirono i profeti biblici, dei viaggi alla ricerca della fonte della vita e dei veicoli per raggiungere il luogo dell’immortalità celeste, vedi per es. Alessandro Magno, Gilgamesh ecc.. D’altra parte non dobbiamo dimenticare che esistono miriadi di cronache di popoli scomparsi, assorbiti da altre civiltà, o che vivono isolate e mantengono attive le memorie ancestrali, e si tramandano i racconti senza quasi deviazioni culturali e religiose; un esempio importante da non sottovalutare lo troviamo nelle Cronache di Akakor, che parlano di una presunta civiltà sud Americana, questa avrebbe dato origine a tutti i grandi popoli del continente: Maya, Aztechi, Incas, Toltechi e Nazca, grazie all’intervento ed il contatto diretto di una stirpe di Dei alieni che discesero dal cielo con le loro astronavi a razzo.


Articolo di Gabriele Lombardo