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giovedì 24 maggio 2018




UFO e battaglie aeree nei racconti di Plinio il Vecchio



Chi sosterrebbe che Plinio il Vecchio avesse pensato di scrivere un libro di fiabe, quando scrisse la sua Naturalis Historia? Eppure nessun altro autore antico ha mai parlato tanto di UFO come lui.
Ecco che cosa scrive il serissimo generale romano nel secondo libro della sua opera, dal capitolo 31 al capitolo 35:
[31] E per contro hanno visto molti soli contemporaneamente, né sopra lo stesso né sotto, ma di traverso, né vicino né contro la terra né di notte, ma o all’alba o al tramonto. Una volta, riferiscono, furono avvistati a 
mezzogiorno sul Bosforo, e durarono da quell’ora del mattino fino al tramonto. Anche gli antichi videro spesso tre soli, come sotto i consolati di Spurio Postumio e Quinto Muzio (174 a. C.), di Quinto Marcio e Marco Porcio (118 a. C.), di Marco Antonio e Publio Dolabella (44 a. C.), di Marco Lepido e Lucio Planco (42 a. C.), e nella nostra epoca si vide sotto il principato del Divino Claudio, durante il suo consolato con il collega Cornelio Orfito (51 d. C.). Più di tre insieme non furono mai visti alla nostra epoca.
[32] Anche tre lune, essendo consoli Gneo Domizio e Caio Fannio (122 a. C.), apparvero.
[33] Riguardo a ciò che per lo più definirono soli notturni, una luce dal cielo fu vista di notte essendo consoli Caio Cecilio e Gneo Papirio (113 a. C.) e spesse altre volte, sì che la notte era illuminata come il giorno.
[34] Uno scudo ardente da occidente verso oriente scintillando attraversò (il cielo) al tramonto del sole, essendo consoli Lucio Valerio e Caio Mario (100 a. C.).
[35] Fu vista una 
scintilla cadere da una stella ed accrescersi mentre si avvicinava alla terra e, dopo essere diventata grande quanto la luna, illuminare come in un giorno nuvoloso, e poi, risalendo verso il cielo, diventare una torcia; (questo prodigio) fu visto una sola volta essendo consoli Gneo Ottavio e Caio Scribonio (76 a. C.). Lo vide il proconsole Silano insieme al suo seguito.
Plinio il Vecchio, da semplice cronista, non si ferma ai soli avvistamenti ma riporta anche i fenomeni tipici associati da sempre alla presenza degli UFO. Ecco cosa dice qualche capitolo dopo:
[57] Inoltre per quanto riguarda il cielo inferiore è registrato nei documenti che sia piovuto latte e sangue essendo consoli Manlio Acilio e Caio Porcio (114 a. C.) e spesse altre volte, come (una pioggia di) carne essendo consoli P. Voumnio e Servio Sulpicio (461 a. C.), e che di questa non imputridisse quella che gli 
uccelli non avevano portato via; inoltre (una pioggia di) ferro in Lucania l’anno prima (54 a. C.) che Crasso venisse ucciso dai Parti con tutti i soldati lucani che erano con lui, dei quali vi era un grande numero nell’esercito. La forma che piovve di quel ferro era simile alle spugne. Gli aruspici predissero ferite superiori. Essendo poi consoli Lucio Paolo e Caio Marcello (50 a. C.) piovve lana (capelli d’angelo? N.d.A.) vicino al castello di Conza, proprio dove l’anno dopo Tito Annio Milone fu ucciso. Durante il processo per la stessa causa è riportato nei documenti di quell’anno che piovvero mattoni cotti.
[58] Strepito d’armi e suoni di tromba uditi dal cielo durante le guerre cimbriche (101 a. C.) ci è stato riferito, spesse volte sia prima che dopo. Inoltre nel terzo consolato di Mario (103 a. C.) dagli amerini e dai tudertini furono viste armi celesti (che provenivano) da oriente e da occidente e che tra di loro si scontravano, ed erano respinte quelle che erano (giunte) da occidente. Non c’è nessuna meraviglia nel vedere fiamme nello stesso cielo e spesso si sono viste nubi prese da un fuoco più grande.
[85] ... un grande portento di terre nella campagna di Modena essendo consoli Lucio Marcio e Sesto Giulio (91 a. C.). Infatti due monti si scontrarono tra di loro con un grandissimo frastuono, avanzando e retrocedendo, tra di loro fiamme e fumo salivano in cielo in pieno giorno; assisteva dalla via Emilia una grande moltitudine di cavalieri romani e di loro familiari e di viandanti. Per il loro scontro tutti i casolari furono rasi al suolo, e molti animali, che si trovavano dentro, restarono uccisi.
Troviamo anche in Plinio, al capitolo 56, un curioso accenno a strani fulmini:
In Italia, fra Terracina ed il tempio di Feronia, si è smesso di fabbricare torri in tempo di guerra, perché tutte erano distrutte dal fulmine.
I resoconti di Plinio hanno fedeli ed impressionanti riscontri in tutto il mondo antico, dalla Bibbia al Mahâbhârata, dai racconti sumerici alle leggende dei popoli precolombiani.
Nella 
Bibbia, in Es 19, 16 leggiamo: e appunto al terzo giorno, all’alba, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sopra il monte, e un suono fortissimo di tromba...
E più avanti, ai versetti 18-19: Ora il monte Sinai fumava tutto, perché Iahvé era sceso su di esso nel fuoco, e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava fortemente. Il suono della tromba diventava sempre più grande: Mosè parlava, e Iahvé gli rispondeva con dei tuoni.
E’ proprio lo stesso linguaggio di Plinio: i due autori stanno forse parlando delle stesse cose? Ad esempio quello che dice Plinio nel capitolo 56, a proposito di strani fulmini che distruggevano, esclusivamente e sistematicamente, soltanto le fortificazioni militari, leggiamo in Gios 6, 20 a proposito della distruzione di Gerico: Ed avvenne che, come il popolo ebbe udito il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città furono distrutte. Fu forse uno dei “fulmini” descritti da Plinio a distruggere le mura di Gerico?
Su un arazzo giainista tessuto in memoria del 24° Gina (Maestro di vita), Mahavira, vissuto nel VI secolo a. C., l’artista indiano, nel raffigurare la processione in onore del Maestro, ha disegnato anche nel cielo sullo sfondo, a scopo celebrativo, alcune navicelle sospese in aria. Questo particolare richiama naturalmente uno dei grandi poemi dell’India, il Mahâbhârata, che è il più grande poema - lirico, epico e sapienziale - di tutta la storia dell’umanità. Nel III libro di quest’opera, il Vanaparva (Libro della foresta), il re Sâlva Salì su per il cielo con la sua nave Saubha che può andare ovunque (15, 15). La descrizione di questa nave è esattamente ciò a cui si è ispirato l’artista nel disegnare le sue navicelle nell’arazzo: frutto di magia era la nave di Sâlva, decorata d’oro, munita d’asta, di stendardo, di carena e di lanciamissili (18, 12).

Nel Liber Chronicarum (Norimberga, 1493), celebre e pregiatissima opera di fine quattrocento composta dallo storico e umanista svizzero Hartmann Schedel, troviamo per la prima volta nella letteratura europea, un’immagine a stampa di quello che oggi potremmo definire letteralmente un UFO, cioè un oggetto volante non identificato.

Nel testo accanto all’immagine di quella che sembra una trave infuocata sospesa nel cielo, troviamo anche una breve descrizione di un evento che poco si adatta ad una spiegazione di tipo naturale.

Ecco il testo tratto dall’edizione latina della Cronaca:
“Ignea trabes mire magnitudinis in coelo visa et inter australem et orientalem plagam currens super solem ad occasum vergens super terram cecidit”

Questa la possibile* traduzione in italiano:
“Una trave infuocata di enormi dimensioni fu avvistata in cielo e mentre [questa] si dirigeva in direzione sud-est, cadde a terra (o ‘scese in picchiata’) virando sul sole in direzione del tramonto.

* Dico possibile perché l’assenza di una punteggiatura di tipo moderno può lasciare spazio a diverse varianti interpretative. Nessuna delle quali, tuttavia, incide sul senso generale dell’evento che rimane in ogni caso non spiegabile da un punto di vista naturale anche considerando che questo evento come tanti altri si iscrive perfettamente in una casistica molto ampia e documentata nel corso dei secoli.
Sono riuscito a trovare nel web dei testi di storici latini che descrivono fenomeni fortiani e anche di ufo.
C’è un uomo che, per pura coincidenza o per altro, non ha mai dovuto temere il presunto Cover Up sugli UFO. In viaggio tra i secoli, sopravvivendo alla caduta rovinosa del suo mondo, la sua testimonianza è giunta sino ai nostri giorni. E’ una delle fonti più autorevoli, insieme a Tito Livio, del fenomeno UFO nell’antica Roma. Giulio Ossequente è un nome sconosciuto ai più, qualche vecchio studente di liceo può al massimo ricordare una versione latina da tradurre che si rifacesse a qualche suo testo. E’ un autore minore ma un gigante, al contempo, nel suo genere. Ha di particolare che raccolse, nel suo leggendario “Libro dei prodigi”, una vasta casistica di fenomeni misteriosi, di cui molti di chiara natura ufologica, quelli che i romani definivano “scudi infuocati”. La storia che accompagna il Libro dei prodigi è ricca di retroscena e di fascino. Ha quattro protagonisti. L’autore, un frate domenicano, un noto stampatore veneziano e un ignoto studioso. Qualcuno che ritenne di dover inserire il Libro dei Prodigi tra i testi da preservare e far pervenire ai posteri. Piaccia o meno gli episodi raccontati da Giulio Ossequente erano un piccolo spaccato della società romana. Se poi qualcuno vi voglia vedere la prova dell’esistenza di entità aliene, semplici superstizioni o cultura pagana, è un altro discorso.

Giulio Ossequente può diventare, nel 2011, un simbolo per quelle correnti di ufologi che lottano contro la presunta censura, o comunque lo svilimento del fenomeno UFO. Perché, a suo modo, Giulio Ossequente fu il primo ufologo ante litteram a infrangere il “Cover Up”, parola così in voga ai giorni nostri. Il suo libro dei prodigi racconta quelli che oggi definiremmo casi di abduction, “UFO sightings”, avvistamenti, incontri del terzo tipo.
Ovviamente Ossequente e i suoi contemporanei non li classificavano con terminologia ufologica. Tuttavia la casistica del Libro dei Prodigi ne è colma. Le fonti originarie si basavano su testimonianze orali. Non esistevano video ed immagini. Nel testo non c’è un reale tentativo di spiegazione, di analisi o di interpretazione in profondità. Ossequente si limita a narrare gli episodi, che attraversano varie epoche della storia romana, per come erano o venivano raccontati. La società romana si dimostrava molto più tollerante di quella odierna, soprattutto per ciò che concerneva gli episodi insoliti. Venivano accettati, come parte del loro mondo, anche senza una spiegazione razionale.

Il libro dei prodigi sparisce dalla circolazione in seguito allo sgretolamento dell’Impero Romano e ai saccheggi delle città più fiorenti. Solo secoli dopo, Giovanni Giocondo, un frate domenicano, rinvenne in Francia il manoscritto. Nei primi anni del sedicesimo secolo lo stampatore veneziano Aldo Manuzio ne ricavò una pregiatissima edizione. La sottovalutazione del contenuto del testo, si può ipotizzare, permise di farlo sopravvivere all’Inquisizione. C’è spazio anche per la dietrologia. Bisogna infatti tener presente un particolare: l’opera di Giulio Ossequente sopravvissuta ai nostri giorni, e rinvenuta secoli dopo la caduta di Roma, è parziale. In origine doveva essere ben più vasta…
http://olivieromannucci.blogspot.it/2011/02/ufo-di-giulio-ossequente-oltre-il-cover.html

Il primo testo che vi sottopongo è "Prodigiorum liber" di Giulio Ossequente:

GIULIO OSSEQUENTE - Liber Prodigiorum

Ecco un esempio dei "prodigi":

A Capua fu visto il sole di notte. Nel Campo Stellato una parte dei montoni di un gregge fu uccisa da un fulmine. A Terracina nacquero tre gemelli. A Formia durante il giorno furono visti due soli. Il cielo bruciò. Un uomo fu bruciato da un raggio di luce uscito da uno specchio. A Gabi piovve latte. Nel Palatino parecchie costruzioni furono colpite dai fulmini. Nel tempio della Vittoria entrò un cigno e sfuggì dalle mani di chi voleva catturarlo. A Priverno una fanciulla nacque senza una mano. A Cefalonia si vide una tromba che suonava in cielo. Piovve terra. A causa di una violenta tempesta furono distrutte case e devastati campi. Spesso caddero dei fulmini. Durante la notte a Pesaro brillò una specie di sole. A Cere nacque un maiale con mani e piedi umani e fanciulli con quattro piedi e quattro mani. A Foro Esino una fiamma, uscita dalla bocca di un bue, non lo ferì.
Un fenomeno simile al parelio, il paraselene, descritto da Giulio Ossequente nel "Liber Prodigiorum".
Le tre lune piene, viste contemporaneamente possono, in alcuni casi, essere state erroneamente interpretate in chiave ufologica. Ma in altri casi però...
Pitture rupestri scoperte in Australia, che sembrano testimoniare il contatto con esseri provenienti da altri mondi. Per alcuni studiosi le raffigurazioni si riferiscono a esseri che indossano caschi e tute protettive.La teoria degli antichi astronauti ipotizza un contatto fra creature extraterrestri e antichi popoli come gli Egizi, Maya e Sumeri. Queste idee che hanno cominciato a prendere corpo intorno alla metà del 1900, non sono prese in considerazione dagli scienziati, a parte l’astronomo americano Josef Allen Hynek, la teoria del paleocontatto viene considerata dagli studiosi solo un mezzo di speculazione e soprannominata archeologia misteriosa.I difensori della paleo ufologia, arrivano a mettere in discussione anche la teoria darwiniana, sostenendo che la razza umana abbia origine da civiltà superiori, come appunto quelle aliene o da creature sovrannaturali come angeli, pur sempre provenienti da altri pianeti.
I sostenitori degli antichi astronauti ritengono che l’uomo, contrariamente a quanto afferma la paleoantropologia, non sono frutto dell’evoluzione delle scimmie che gradualmente hanno assunto una posizione eretta, hanno sviluppato un livello intellettuale ed hanno formato una civiltà, bensì che l’essere umano sia stato aiutato in questa sua evoluzione da esseri extraterrestri. Secondo i simpatizzanti di questa teoria, gli alieni si sarebbero trattenuti sulla Terra per periodi abbastanza lunghi, tanto da lasciare tracce e testimonianze tutt’ora evidenti. Pur se queste idee sono state sostenute da studiosi degli anni sessanta, come Peter Kolosimo, scrittore italiano o Erich Von Daniken archeologo svizzero, oggi grazie ad internet, queste teorie sono state divulgate dai tanti siti di appassionati che uniscono leggende ad argomenti di archeologia, non tenendo conto delle opinioni degli studiosi e della scienza.

Sulle basi di idee sviluppate dai fautori del paleocontatto, l’essere umano sarebbe il risultato di esperimenti genetici fatti da creature aliene, su esseri ominidi che vivevano sulla Terra e fino a quel punto si erano sviluppati naturalmente, come vuole la teoria di Darwin. L’intromissione degli extraterrestri, avrebbe avuto come scopo, quello di accelerare il percorso evolutivo delle popolazioni terrestri e il loro arrivo sulla nostro pianeta risalirebbe ad ere remote. La teoria degli antichi astronauti, sostiene che quelle figure rappresentate come divinità nei dipinti delle antiche popolazioni come i Maya, gli Egizi e gli Aztechi, in realtà siano alieni e che la testimonianza di ciò si troverebbe addirittura all’interno della Bibbia, testi sacri e dipinti medievali, in cui accanto alle figure di angeli, Dio e Gesù, vengono raffigurate delle navicelle spaziali.

I fautori del paleocontatto, ritengono che siano presenti parecchie testimonianze della loro teoria in siti archeologici o rovine di antiche costruzioni e proprio il particolare ingegno e l’alta tecnologia di alcune strutture, sarebbe la testimonianza che l’uomo dell’epoca non può aver agito da solo e con i mezzi a disposizione all’epoca. Tra le zone archeologiche indicate dai clipeologi (dal latino clipeus, disco), come zone con evidente influenza di civiltà extraterrestri, vi sono ovviamente le piramidi di Giza in Egitto, il sito archeologico di Baalbek in Libano, Yonaguni in Giappone, i geoglifi nel deserto di Nazca in Perù e i monoliti di Stonehenge in Inghilterra. I teorici della paleo ufologia, sostengono che in molti brani di testi sacri, come la “nostra” Bibbia o gli scritti sumeri, Epopea di Gilgamesh, si possono intravedere chiari ed evidenti descrizioni di contatti delle antiche popolazioni terrestri con civiltà aliene. Di tutto ciò non vi è però alcuna prova scientifica, ma solo supposizioni dei sostenitori della teoria degli antichi astronauti.

Alcuni tenaci sostenitori della teoria, hanno via via cambiato idea, questo è anche il caso dell’egittologo inglese Alan F. Alford che inizialmente appoggiava la teoria di Sitchin, basata sulla creazione non religiosa dell’uomo, ma ad opera di creature aliene. Lo studioso britannico, infatti ritratta le sue idee sostenendo che le figure di divinità che scendono dal cielo, non è la rappresentazione di extraterrestri che approdano al nostro pianeta, bensì la raffigurazione della leggenda del cataclisma che nell’antichità era alla base di molte religioni e soprattutto di quelle orientali.

Si è creato un grande scontro negli ultimi decenni, tra la comunità cristiana fautrice del creazionismo e i fautori delle idee sugli antichi astronauti, come nel caso lo scrittore creazionista australiano, Clifford A. Wilson che con il suo libro: “Crash Go the Chariots” vuole smontare tutte le teorie del in cui ha tentato di screditare tutte le indicazioni fornite nel libro dell’archeologo svizzero von Däniken “Gli extraterrestri torneranno?” Grande sostenitore della teoria del paleocontatto.



tratto dal web